Incisioni Rupestri delle Alpi Apuane a cura di Stefano Pucci

L’arte rupestre sul nostro pianeta Terra rappresenta un patrimonio inestimabile e appartiene all’essere umano da quando è stato in grado di dare un senso compiuto a tutte le cose. Essere consapevole di se stesso in rapporto all’ambiente che lo circondava, lo ha portato a intraprendere un percorso di crescita interiore ed esteriore e da quel lontano momento è nato il simbolo come espressione di alleanza tra l’uomo materiale, l’uomo spirituale e tutte le manifestazioni naturali che avvenivano. Le Alpi Apuane che hanno la veneranda età di almeno 220 milioni di anni, “purtroppo” sono conosciute a livello internazionale come le montagne di marmo, il che ha portato ad oscurare tutte le altre peculiarità presenti non meno importanti, come le Incisioni Rupestri che non sono per nulla conosciute e valorizzate come dovrebbero, soprattutto dagli enti preposti. Questi antichi reperti, detti petroglifi, sono stati realizzati sulle rocce Apuane dall’essere umano, con vari strumenti, dalla pietra al metallo, e vengono interpretati oggi come dei messaggi fatti di speranze, di richieste, di iniziazione, di ringraziamenti, di cristianizzazione, di proprietà e di giochi, messaggi di un popolo primitivo che aveva eletto queste montagne a sua dimora. Prima di iniziare il percorso di lettura è bene ricordare che l’articolo 9 della Costituzione Italiana (“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”), di cui il Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) ha fissato i concetti guida relativi al pensiero e alle attività sul patrimonio culturale italiano. I siti qui sotto elencati sono stati censiti dalla Sovrintendenza dei Beni Culturali della Toscana e in molti casi sono stati compiuti dei sopralluoghi in modo “gratuito” così da non pesare finanziariamente per l’ente pubblico, . Purtroppo non sono ancora stati fatti studi approfonditi da parte degli archeologi per la loro comprensione “ufficiale”, ma tutti questi manufatti sono sotto la legge di tutela dello stato. Per cui non vanno asportati o danneggiati in alcun modo, ( ripassati con pennarelli o con strumenti abrasivi ), se i segni in orizzontale si vedono male, occorre una luce radente e a volte anche bagnarli serve per evidenziarli, non vanno calpestati con le scarpe ma ci si può stare sopra con i calzini o scalzi ( foto 0 ). Molti siti versano in precaria situazione di conservazione e ogni anno che passa si rischia di perdere tracce importanti per la loro determinazione per cui sarebbe necessario una loro totale protezione, questo è un patrimonio culturale irripetibile che ha bisogno di essere salvato per cui faccio un appello pubblico alla sensibilità archeologica e politica. Negli ultimi anni le Alpi Apuane, l’alta Versilia e la Garfagnana (zone che ricadono in gran parte all’interno del Parco Regionale delle Alpi Apuane), grazie a quei pochi appassionati ricercatori di incisioni rupestri, si sono dimostrate territori ricchi di numerosi siti di grande importanza. Siti caratterizzati soprattutto per la presenza di incisioni del Pennato con un numero considerevole, stimato nell’ordine di oltre 500 esemplari ( quelli ancora visibili ). Chi non ha mai usato il Pennato ? Chiamato anche Roncola, o Falcetto, o Marraccio, o Segolo o Roncio ecc.. a secondo delle regioni e al suo variegato uso.

Sembra strano ma le cose che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni ci appaiono come familiari e mai e poi mai si immagina una origine lontanissima di questo strumento, che addirittura il suo progenitore arriva ai tempi della rivoluzione Neolitica quando i popoli primitivi tagliavano le messi di frumento con uno strumento prevalentemente a forma di mezza luna con inserti di elementi taglienti in selce denominato falce messoria. Il pennato è una evoluzione di questo strumento è presente sin dall’epoca dei metalli e serve per tagliare tutto ciò che non può la falce. Questo attrezzo appare per la prima volta in mano a una Deità campestre Etrusca del III sec a.C.. ritrovata nella località di Ghiaccioforte GR. Il bronzetto è alto 6 cm. e il pennato ( attributo del Dio ) che porta nella mano destra è 2 cm. ( foto 1 ). E’ certamente da identificare con il Dio Silvano, il quale era legato alla ciclicità del tempo in quanto connesso alla natura che si rinnova e dai suoi cultori veniva celebrato nei santuari silvestri e mai nei pantheon pubblici. Il Dio Silvano è il Signore delle Selve e dei luoghi coltivati, Dio dei pastori, dei boscaioli, dei cavatori, della povera gente e veniva tirato in ballo quando c’era la necessità di lavorare gli alberi e la terra.
Fino ad oggi le pubblicazioni che riguardano questa particolare “arte rupestre apuana” sono molto poche. Oscar Guidi ( incisioni rupestri della Garfagnana ), Isa Pastorelli e Giorgio Citton ( incisioni rupestri sulle Alpi Apuane e in alta Versilia ), Giancarlo Sani ( i segni dell’uomo, incisioni rupestri della Toscana ) le archeologhe Anna Maria Tosatti e Renata Grifoni Cremonesi con la conferenze pubblica del giugno 2015 tenuta al museo delle navi Romane a Pisa ( l’arte rupestre dell’età dei metalli nella penisola Italiana,), di cui una parte era dedicata alle Alpi Apuane, frutto di molti sopralluoghi effettuati nei siti più comodi da raggiungere con la collaborazione indispensabile di Silvio Tonarelli e del sottoscritto. Nel 2014 io stesso dopo oltre 10 anni di ricerca e approfondimento sul territorio delle Alpi Apuane, comprendente il lato alta Versilia e Garfagnana, ho pubblicato un documentario su tutte le tipologie di Incisioni Rupestri presenti della zona specificata ( erano gli stessi sogni ) e il libro dedicato esclusivamente al simbolo del Pennato, incisione maggiormente rappresentata su queste montagne ( epifania del Pennato ). Comunque le prime pubblicazioni che riguardavano le Incisioni Rupestri apparvero in Francia a metà del secolo scorso e solo nel 1909 furono segnalati in Val Camonica migliaia segni sulla roccia chiamati localmente “Pitoti” che poi negli anni 30-40 portarono alla costituzione del Parco di Naquane divenuto poi internazionalmente celebre per la profonda attività di ricerca, analisi e interpretazione soprattutto da parte di Emmanuel Anati. Oggi le Incisioni Rupestri della Val Camonica sono state dichiarate dall’ Unesco, patrimonio mondiale, chissà che anche quelle delle Alpi Apuane prima o poi lo diventino anche loro, gli ingredienti non gli mancano, visto che è presente una peculiarità unica ( il simbolo del Pennato ) nell’enorme varietà del panorama dei petroglifi Internazionali, questo è un luogo dove si è sviluppata più che in ogni altra parte del mondo la cultura “millenaria” delle lame Pennate. ( foto 2 )

Cercare le Incisioni Rupestri sulle Alpi Apuane è come un’avventura, una piccola follia per la quale occorre del metodo, tanto tempo a disposizione, un’ottima conoscenza del territorio e l’occhio ben allenato. Bisogna percorrere le mulattiere, i sentieri, i viottoli, seguire le tracce lasciate dagli animali che ancora si possono vedere, spesso immerse nell’abbandono dei boschi, delle selve, o tra i ravaneti e le vie di lizza. Necessita trovarsi nel posto giusto al momento giusto, con le condizioni ottimali di luce radente dell’alba o del tramonto per riuscire a intravedere i segni sulla roccia e che spesso possono anche trarne in inganno ed essere semplicemente naturali. Gran parte dei frequentatori e anche gli abitatori della montagna non prestano attenzione a questo genere di cose, a meno che non ci sia qualcuno o qualcosa che le indichi e faccia conoscere. La tipologia di roccia sopra la quale sono state realizzate sulle Apuane, varia da quella di origine calcarea dove l’acqua con il passare dei secoli e millenni riesce a corroderla fino e a far scomparire i segni, a quella di origine silicea molto più resistente e dove solo gli effetti che provocano il ghiaccio riesce a intaccarla ( foto 3 ). Si è visto che prevalentemente sono posizionate dalla media collina fino alle vette che sfiorano i 2000 m. in posizioni dominanti sul territorio sottostante, spesso orientate sui punti cardinali, in qualche caso in contesti di uso definiti come “orologi solari” e sui punti corrispondenti anche oggi di confine. Sulle Alpi Apuane moltissimo è certamente andato perduto. In secoli di pane amaro le rocce si sono sbriciolate: la poca terra dei pastori-agricoltori si aggrappava ai muretti a muri a secco, le casette si appoggiavano alla roccia: oggi, in tempi di abbondanza, quando la roccia ha il cuore di marmo la sua fine è segnata. I vecchi raccontano ma non ci sono documenti. Dinanzi alla violenza del quotidiano, l’uomo ha perso in gran parte il senso di sacralità della roccia. Pure questo senso doveva essere molto marcato, quando la vita era solo fatica e tutto era una conquista necessaria. La roccia sembrava eterna: sicurezza, protezione, futuro. A tutt’oggi simbolo di forza, da sempre la roccia giustifica quel confuso animismo che spingeva ad adorarla. Non è difficile comprendere come l’incisione sia un atto di appropriazione, oltre che di comunicazione; che appare come incancellabile. In molte incisioni Apuane, al senso di sacralità della roccia si aggiunge quello di sacralità delle vette: concetto universalmente sentito, un tempo condotto sino alla deificazione.
Una volta che si è scoperta una incisione rupestre, si apre il difficile discorso delle varie ipotesi interpretative e soprattutto quelle di datazione. Non c’è altro modo che analizzare qualità della roccia, stato di conservazione, tecnica di esecuzione, tipologia dell’immagine e tuttavia quasi sempre l’unica cosa certa è l’incertezza. Ogni segno parla per se e va analizzato nei rapporti con altri contesti storici, archeologici e ambientali per quanto riguarda il paesaggio, anche quello che si può vedere dal sito. Il giudizio può divenire rapidamente soggettivo e indirizzato verso esperienze precedenti, che siano di genere pratico, scientifico o religioso.

Stefano Pucci